venerdì 22 febbraio 2008

Introduzione

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Chi è stato veramente nella storia il Gesù che riconosciamo come fondatore del cristianesimo? E’ una domanda alla quale si è avvicinata una infinità di uomini, in quasi duemila anni di storia, cercando di darsi una risposta. E’ una domanda alla quale sono state date infinite risposte. E’ una domanda alla quale è d’obbligo tentare di dare una risposta se si riconosce che il cristianesimo è stato l’elemento fondante la civiltà dell’occidente, e si dà atto che il cristianesimo tanta parte ha avuto nella storia dell’Occidente.

Secondo il credo cattolico Gesù nacque da Maria Vergine, patì sotto Ponzio Pilato, fu crocefisso, morì e fu sepolto, il terzo giorno risuscitò da morte. Il fatto di aver riportato come professione di fede gli elementi principali della sua biografia, è una conferma implicita della incertezza della biografia stessa. Basti il fatto che dall’anno della sua nascita si è voluto far partire l’Evo nostro, per poi scoprire che la data era sbagliata, con il conseguente paradosso di dover ammettere che Cristo è nato nel 4 avanti Cristo.

Le fonti storiche sulla sua vita sono talmente marginali che consentono ad alcuni di affermare che sono la riprova della non esistenza storica di Gesù. Giuseppe Flavio in Antichità giudaiche nel 93 scrive che: “ Ci fu verso questo tempo Gesù, uomo saggio, se pure bisogna chiamarlo uomo: era infatti autore di opere straordinarie, maestro di uomini che accolgono con piacere la verità, ed attirò a sé molti Giudei, e anche molti dei greci. Questi era il Cristo. E quando Pilato, per denunzia degli uomini notabili fra noi, lo punì di croce, non cessarono coloro che da principio lo avevano amato. Egli infatti apparve loro al terzo giorno nuovamente vivo, avendo già annunziato i divini profeti queste e migliaia d’altre meraviglie riguardo a lui. Ancor oggi non è venuta meno la tribù di quelli che, da costui, sono chiamati Cristiani”.

Plinio il Giovane scrive all’imperatore Traiano nel 112: “ I Cristiani... Affermavano inoltre che tutta la loro colpa o errore consisteva nell'esser soliti riunirsi prima dell'alba e intonare a cori alterni un inno a Cristo come se fosse un dio, e obbligarsi con giuramento non a perpetrare qualche delitto, ma a non commettere né furti, né frodi, né adulteri, a non mancare alla parola data e a non rifiutare la restituzione di un deposito, qualora ne fossero richiesti”.

Svetonio (morto nel 122) nella Vita dei dodici Cesari parlando di Nerone scrive che “sottopose a supplizio i Cristiani, razza di uomini di una superstizione nuova e malefica”.

Tacito parlando del cristiani dice che “L'autore di questa denominazione, Cristo, sotto l'impero di Tiberio (imperatore dal 14 al 37 d.C.), era stato condannato al supplizio dal Procuratore Ponzio Pilato, ma, repressa per il momento, l'esiziale superstizione erompeva di nuovo, non solo per la Giudea, origine di quel male, ma anche per l'Urbe, ove da ogni parte confluiscono tutte le cose atroci e vergognose.

Ricordando che ci sono molti dubbi sull’autenticità del testo dello scrittore ebraico Giuseppe Flavio, (molte frasi possono essere state aggiunte o comunque corrette nel Medioevo), appare strano che i tre maggiori storici latini di solito così attenti ai particolari, non facciano memoria della presenza in una Provincia dell’impero romano, qualche decennio prima di loro, di una persona che aveva fatto innumerevoli miracoli resuscitando anche i morti, per finire poi con il miracolo della sua stessa resurrezione. Se dovessimo ricostruire l’origine del cristianesimo utilizzando solo le fonti storiche dovremmo dire soltanto che “nel primo secolo del nuovo evo si diffuse per l’impero romano una nuova religione che considerava Dio un uomo che era stata crocefisso da Ponzio Pilato”.

Le fonti di cui disponiamo sono quelle per così dire interne al movimento cristiano cioè i Vangeli, che con dovizia di particolari ci presentano la storia del fondatore. Ma le testimonianze interne non hanno evidentemente alcun intento storico, ma cercano in qualche modo di dimostrare delle tesi preconcette. E dal momento che furono svariate le interpretazioni sulle quali si divisero i primi cristiani, abbiamo una infinità di Vangeli. Tant’è che la chiesa ha ritenuto di dover intervenire definendo quali fossero i “canonici” e quali dovessero essere considerati apocrifi. Potremmo anche considerare arbitrario l’intervento della Chiesa e cercare di rifarci a tutti gli apocrifi per cercare di ricavare la vera storia della vita di Gesù. Ma per comodità possiamo anche limitarci all’analisi dei canonici cioè ai vangeli di Marco, Matteo, Luca e Giovanni.

I primi tre sono detti sinottici perché hanno molti elementi in comune. Sono stati scritti non meno di cinquanta anni dopo la morte di Gesù e quindi non da testimoni oculari, ma richiamandosi alle narrazioni popolari che si erano diffuse in Palestina, sulla vita di Gesù. La gran parte degli studiosi conviene sul fatto che possono essere collegati ad un precedente vangelo, di autore ignoto e andato perso che viene definito Fonte Q. Nel vangelo di Giovanni invece la ricostruzione della vita è diversa. Sono riportati diversi fatti che non ci sono negli altri, si dà maggiore importanza al pensiero del maestro. Anche questo è lecito supporre possa far riferimento ad una fonte precedente, diversa tuttavia dalla fonte Q.

Come gli storici hanno tentato di ricostruire la fonte Q, mettendo a confronto i tre vangeli che ne sono derivati. Io vorrei immaginare possibile una operazione analoga per risalire al documento da cui è stato ricavato il Vangelo di Giovanni.

Nel fare questo io parto da una ipotesi che non è verificabile ma che è molto attendibile, cioè l’ipotesi che nel frattempo ci sia stato un intervento di manipolazione della ricostruzione della vicenda terrena di Gesù per renderla adatta a diventare il fondamento d’una nuova religione.

E’ l’intervento di Saulo, divenuto Paolo, che la maggioranza degli studiosi riconosce come il vero fondatore del cristianesimo. Se c’era un Vangelo prima dell’intervento di Paolo che ricostruiva la vita e la dottrina di Gesù, in che cosa poteva essere diverso da quello che poi è diventato il Vangelo di Giovanni? Per riuscire nella ricostruzione è necessario eliminare tutto quello che è riconducibile alla interpretazione di Paolo, all’operazione che ha voluto fare strumentalizzando la vita di Gesù.

Plinio il Giovane ricorda che i cristiani si riunivano per elevare inni a Cristo come se fosse un Dio. E’ stata questa l’operazione di fondo di Paolo. Gesù è il figlio di Dio e su questa verità imposta la religione del figlio di Dio. Ma per quanto i vangeli siano stati scritti per dimostrare la tesi della divinità di Gesù e quindi sia stata forzata la ricostruzione dei fatti e della parole per dimostrare questo assunto, emerge sempre tra le righe che a monte c’era un’altra interpretazione. La vera intuizione rivoluzioaria di Gesù è stata che l’uomo è figlio di Dio. In quanto uomo si dichiara anche lui, figlio di Dio. Ma questo non ha nulla a che vedere con l’intepretazione che ne dà Paolo di Gesù Dio.

Paolo voleva fondare una religione e la religione ha necessità di simboli, di riferimenti precisi in cui credere. Paradossalmente Gesù che aveva predicato l’eliminazione di ogni religione nell’affermazione della possibilità per ogni uomo di un rapporto diretto con la divinità, diventa il soggetto attorno al quale Paolo costruisce una nuova religione, diventa il mediatore per antonomasia del rapporto tra l’uomo e la divinità.

Lo scrittore greco Luciano di Samosatra dice dei cristiani che “abbandonano gli dei greci ed adorano quel medesimo sofista che era stato crocefisso”. Eppure nel Vangelo di Giovanni si legge che Gesù ha detto alla samaritana:

Credimi, donna, è giunto il momento in cui né su questo monte, né in Gerusalemme adorerete il Padre. Ma è giunto il momento, ed è questo, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità; perché il Padre cerca tali adoratori. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorarlo in spirito e verità”.

Due cose importanti ha capito invece anche Luciano del nuovo messaggio: “Si sono persuasi infatti quei poveretti di essere affatto immortali e di vivere per l'eternità, per cui disprezzano la morte e i più si consegnano di buon grado. Inoltre il primo legislatore li ha convinti di essere tutti fratelli gli uni degli altri”.(De morte Per. XI-XIII).

E l’imperatore Marco Aurelio morto nel 180 mentre parla dell’anima che si tiene pronta “quando ormai deve sciogliersi dal corpo, o estinguersi, o dissolversi o sopravvivere! dice che la disposizione deve derivare dal personale giudizio e non da mera opposizione come per i Cristiani (A se stesso, ad sem. XI,3)

Per ricostruire l’essenza del messaggio che viene riportato anche in queste prime testimonianze pagane, è necessario assumere come chiave interpretativa, un rovesciamento di quella che è stata l’interpretazione di Paolo, provare cioè a riferire all’uomo in generale, ciò che Paolo riferisce all’uomo-Gesù. In altri termini quando Paolo per bocca degli evangelisti parla di Gesù come figlio dell’uomo e figlio di Dio pensare che la rivelazione di Gesù è stata invece che ogni uomo è allo stesso tempo figlio dell’uomo, e figlio di Dio, partecipe allo stesso tempo della natura umana finita e della natura dell’Infinito, nominato come Dio.